Essere strategici. A tutti i livelli. Dalla strategia individuale a quella aziendale.

La strategia è – definizione di Wikipedia – “un piano d’azione di lungo termine usato per impostare e coordinare azioni tese a raggiungere uno scopo predeterminato”, deriva dal greco strategos, generale. Nel corso del tempo ai generali, si sono sostituiti i funzionari statali, gli imprenditori, i manager, ma l’idea è rimasta tale. La strategia viene dall’alto, dalla direzione generale, dal top management, dall’amministratore delegato… Io invece vorrei proporvi una diversa visione della strategia, una strategia che può essere impostata a diversi livelli:

  • Organizzativo. Quella “classica”, costruita dal top management. La strategia complessiva dell’azienda.
  • Funzionale. Costruita da ogni manager con i propri collaboratori. Può riguardare una funzione aziendale (es. il marketing), ma anche un reparto, un’unità produttiva, un punto vendita, un team etc.
  • Individuale. La propria strategia personale. Può essere costruita da un libero professionista, ma anche da chi lavora all’interno di un’organizzazione e (perché no) anche da chi non è ancora entrato nel mondo del lavoro.
  • Sistemico. Si può andare anche oltre la strategia aziendale, per costruire una strategia di sistema: un distretto produttivo, un consorzio, una rete di imprese possono avere uno scopo comune da raggiungere e definire.

Ovviamente tutte queste “mappe strategiche” sono collegate tra di loro. La strategia aziendale è il punto di riferimento per le mappe funzionali. La strategia individuale di un manager dell’organizzazione dovrebbe essere coerente con la strategia funzionale dell’unità che gestisce. Un individuo che lavora all’interno dell’organizzazione può valutare quanto la propria strategia. corrisponda a quella dell’azienda e decidere se restare o cercare un’altra opportunità di lavoro coerente con i propri scopi. Un libero professionista può provare a costruire una “mappa strategica” dell’azienda cliente e capire se ha le competenze giuste per proporre qualcosa dotato di valore o senso a quell’organizzazione. Gli esempi possono essere veramente molti. Nelle mie attività di formazione e consulenza individuale e organizzativa aiuto aziende, team e persone a definire (o a ridefinire) la propria “mappa” e a valutarne la coerenza con il contesto e con le scelte manageriali e di business.

Passiamo ora in rassegna gli elementi chiave della strategia. Ogni elemento è seguito da una domanda chiave, formulata sempre con il “noi”. Può essere ovviamente trasformata anche in domanda individuale, ma personalmente mi piace pensare che anche una strategia individuale sia sempre aperta al mondo e agli altri, sia in qualche misura meglio espressa dal “noi” che dall’“io”.

Direzione

Chi vogliamo essere domani?

Questo elemento solitamente in ambito aziendale viene chiamato visione (o più spesso all’inglese vision). Lo sguardo è verso l’alto, la metafora è la stella polare che orienta la navigazione. E’ l’immagine del futuro che intendiamo costruire. E’ la fonte di ispirazione profonda, è un luogo dove prendere energia, anche (e soprattutto) nei momenti di difficoltà. Forse era quello che animava Steve Jobs e Stephen Wozniak quando costruivano in un piccolo garage i primi personal computer.

La direzione è immaginazione, non è qualcosa di realistico o chiaramente realizzabile, orienta verso una destinazione che magari non sarà mai raggiunta, ma al tempo stesso non è pura fantasia, si situa tra il possibile e l’impossibile, è reale, perché come afferma Carl Gustav Jung “reale è ciò che agisce”. E la direzione muove, dà energia, in qualche misura fa.

Valori

Come vogliamo agire? Su cosa non siamo disposti a venire a patti? Cosa ci sta veramente a cuore?

A livello individuale i valori sono convinzioni interiori che si trasformano in uno stile di vita, qualcosa di strettamente personale (non può essere copiato o preso in prestito da altri), ma a cui teniamo così tanto da trasmetterlo agli altri, figli, collaboratori, colleghi etc.

A livello aziendale i valori sono invece i principi fondamentali, i concetti alla base del comportamento ideale: come deve essere condotto il business, quale ruolo svolgere nella società, cosa non va assolutamente fatto etc.

E a livello funzionale? Una parte dell’organizzazione non può (a mio parere) avere valori diversi da quelli aziendali, può però avere le proprie regole del gioco, che definiscono il modo di fare le cose e il comportamento di adottare di quella particolare unità organizzativa.

Proprio sul piano dei valori diventa importante sviluppare la “mappa strategica” a diversi livelli: i miei valori individuali corrispondo con quelli dell’organizzazione per la quale lavoro o vorrei lavorare? Il reparto che dirigo può ottenere i risultati che desidero rispettando i valori aziendali? Questa azienda con la quale vorrei stabilire una partnership ha valori compatibili con quelli della mia?

Risorse

In che cosa siamo veramente unici?

Sono risorse gli asset strategici, ciò che un’organizzazione ha: brand, brevetti, luoghi d’origine (il cru di un particolare vino ad esempio), marchi d’origine (come IGP o DOC), certificazioni di qualità etc. Tutte cose importanti che contano (non si può produrre il Chianti in Liguria), ma comunque meno importanti delle competenze distintive, ciò che un’organizzazione sa fare bene, in modo distintivo o esclusivo e in forma collettiva: conoscenze e capacità grazie alle quali l’organizzazione è riconosciuta e apprezzata dal mercato, che accrescono il valore del prodotto/servizio. Determinano un vantaggio competitivo perché sono difficilmenti imitabili dai concorrenti. Non è solo il luogo d’origine, ma probabilmente anche questo “saper fare” che differenzia il Chianti Classico Riserva Volpaia del 2015, terzo miglior vino al mondo secondo Wine Spectator, da tutti gli altri Chianti.

Tutto questo vale anche a livello individuale. Una persona può avere  determinate risorse – una laurea particolare, l’iscrizione a un albo professionale, una certificazione riconosciuta etc. – ma ciò che più conta è quello che sa fare bene, magari meglio degli altri o addirittura qualcosa che nessun altro sa fare. Non è conoscenza né talento. Il sapere e le doti individuali devono unirsi alla pratica. Non ha nemmeno niente a che fare con abilità particolari. Anche l’azione apparentemente più semplice e umile – come riparare una scarpa – può nascondere una competenza distintiva.

Scopo

Perché facciamo quello che facciamo? Qual è il nostro scopo principale?

E’ il nostro scopo ultimo, la nostra ragion d’essere, il motivo della nostra esistenza. Viene “prima” (sia come importanza sia in senso temporale) di cosa facciamo (attività, prodotti, servizi, soluzioni etc.) e di quanto guadagniamo (profitti, compensi, stipendi etc.).

Fino a qualche anno fa in ambito aziendale il concetto più utilizzato era quello di mission. La mission è allineata alla visione, ma più dettagliata, è focalizzata sul presente e fornisce una guida operativa. Oggi invece si parla più frequentemente di proposito (o purpose). L’organizzazione è vista come un sistema vivente che si evolve verso una sempre maggiore integrità, complessità e consapevolezza. L’organizzazione ha una vita e un senso di direzione e si muove cogliendo in modo veloce e unito le opportunità e i cambiamenti, guidata dal proposito evolutivo. Il proposito è un elemento vivente che guida ogni decisione. I membri dell’organizzazione sono invitati a ascoltare e comprendere il proposito che determina anche chi è dentro e chi è fuori dall’azienda: attrae persone i cui scopi personali sono in sintonia e allontana quelle che hanno scopi personali in contraddizione. 

A livello individuale invece si parla di intenzione. L’intenzione riguarda il nostro Sé autentico, quello che siamo nel profondo, e il nostro Lavoro (con la maiuscola), quello che siamo chiamati a fare, ciò che una volta si chiamava vocazione. L’intenzione è precisa e definita, ma può variare nel corso della vita, coinvolge sia la sfera privata sia quella lavorativa. Identifica il ruolo di ognuno di noi in un sistema più ampio, il “posto nel mondo”.  Permette di immaginare la tua vita come un unico scopo realizzato attraverso le azioni, le relazioni e lo stile di vita. E’ personale, ma è focalizzata sul contributo che ognuno di noi vuole dare alle vite degli altri e al mondo e sull’impatto di questo contributo.

Sfide

Quali sono le sfide da affrontare?

La metafora è il ponte, il ponte che collega scopo e direzione, che avvicina il presente al futuro. Sono sfide: i problemi cruciali che abbiamo davanti nella nostra vita, nel lavoro, nelle comunità delle quali facciamo parte; le situazioni chiave che ci invitano o ci costringono a cambiare radicalmente; i progetti strategici che rappresentano una sfida per l’organizzazione, che vanno oltre le attuali risorse e competenze, che sfidano lo status quo, che fanno emergere nell’organizzazione idee creative.

Qui non c’è spazio per il quotidiano, per la tattica, per l’operatività e nemmeno per gli obiettivi che spesso generano solo inutili pressioni. Questo è invece lo spazio delle “battaglie” che sanno veramente animare i cuori di chi combatte. Di sfide come quelle che hanno portato Netflix dalla spedizione di DVD tramite il sistema postale allo streaming on demand, cambiando totalmente il mondo delle serie televisive. O quella, forse più piccola ma altrettanto significativa, di Ostello Bello, che ha portato a rivoluzionare la percezione dell’ostello della gioventù. O quella che ognuno di noi può accettare su di sé per trasformare sé stesso e andare verso il futuro.

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