Ambiguità: decidere e agire tra tecnologia e componente umana

Chiudiamo questa serie di articoli sulla complessità, affrotando un aspetto tipicamente umano e assolutamente contemporaneo, l’ambiguità. Dove la natura ha l’istinto e la forza (per alcuni cieca per altri in qualche modo indirizzata) dell’evoluzione, l’umano ha invece meccanismi cognitivi più complessi, che hanno contribuito al suo “successo”, ma anche alle sue piccole e grandi tragedie. Nella contemporaneità poi sono venuti a cadere (o a perdere di significato per molte persone) le grandi ideologie e religioni che davano chiarezza e orientamento alla complessa esperienza umana.

Anche nel mondo aziendale i modelli più semplici stanno manifestando tutti i loro limiti. Il contesto attuale è profondamente ambiguo. Gli elementi da prendere in considerazione non sono chiari. I processi di analisi e decisionali sono difficili. Lo stesso fenomeno può avere differenti letture. Manca la chiarezza sul significato di un evento.  E’ uno scenario nel quale lo stesso evento può diventare una minaccia per la sopravvivenza dell’azienda o un’opportunità da cogliere e dove le zone d’ombra, di difficile intepretazione, aumentano. 

Come può un’organizzazione rispondere all’ambiguità? Possono essere utili tre elementi – pensiero, strumenti e relazioni – che in realtà costituiscono un unico approccio integrato e aiutano a disegnare una mappa che non è mai definitiva, ma evolve con le nostre scoperte.

1. Pensiero strutturale

Ci permette di sviluppare una chiara idea di come funziona la realtà. Il modello migliore è quello costruito con il minor numero di variabili necessarie per farci comprendere le dinamiche. In altre parole, non qualcosa di troppo semplificato che coglie troppi pochi elementi (le soluzioni semplici sono attraenti ma raramente funzionano in un mondo complesso), ma nemmeno attendere di avere il quadro completo per agire (non lo avremo mai perché è il contesto è in costante evoluzione!).

2. Strumenti

Ci servono strumenti qualitativi e quantitativi per comprendere gli elementi determinanti di una certa situazione. Quindi intelligenza artificiale e big data, ma anche intelligenza umana e deep data. Non solo analisi di grandi quantità di dati per estrapolare i fattori chiave, ma anche scavare in profondità nell’esperienza umana.

3. Confronto 

Confrontarsi con gli altri serve a costruire il miglior quadro possibile della situazione. Mettere insieme (e far germinare) le conoscenze e le competenze. Coinvolgere diversi punti di vista (con prospettive diverse, anche opposte). Ascolto e collaborazione nell’organizzazione, a tutti i livelli dal top management a chi è a stretto contatto con il cliente e con il prodotto. Ascolto dei clienti e del mercato, anche andando in periferia, confrontandosi con mercati non ancora pienamente presidiati e con clienti non ancora raggiunti.

4. La mappa

Le conoscenze, anche se frammentarie e provenienti da fonti diverse (dal documento ufficiale alla conversazione casuale) vengono sintetizzate. Si ha consapevolezza dei “vuoti”, determinati dalla mancanza di dati o dalle naturali debolezze del processi cognitivi umani (soprattutto dei processi di decision making), ma si cerca comunque di costruire una mappa realistica, un modello visuale che permette di rappresentare le componenti del sistema, le loro interconnessioni, l’evoluzione nel tempo e le incognite, i punti di domanda che rimangono aperti.

Non sarà una mappa perfetta, ma ci aiuterà a navigare nell’ambiguità e, quando incontreremo nuove terre, saremo pronti a ridisegnarla! 

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