La forma della trasformazione

Perché la spirale come simbolo, come forma per la trasformazione?

La spirale è molto presente in natura: dagli organismi unicellulari alle galassie, passando per i girasoli e le conchiglie, i vortici degli uragani e il volo del falco pellegrino.

La trasformazione è naturale: non è qualcosa di straordinario, alla portata di pochi. “Tutto si trasforma” diceva lo scienziato Lavoisier, l’unica cosa innaturale è pretendere di restare sempre immobili e immodificabili.

La spirale crescendo non cambia forma. E’ una proprietà di molti fenomeni di crescita naturale. Come il nautilo che, aumentando di grandezza, costruisce nella sua conchiglia camere sempre più spaziose, abbandonando e chiudendo quelle non più utilizzabili perché troppo piccole; mentre la conchiglia cresce, la forma del guscio non cambia.

La trasformazione è coerenza con la propria forma, non vuol dire diventare qualcun altro o tradire se stessi. Ogni cambiamento profondo – dal bruco che diviene farfalla alla conversione religiosa – è preparato da un percorso, che parte da una forma iniziale – magari semplice e apparentemente insignificante – e si dischiude in una forma compiuta e piena di significato. Come la piccola ghianda, della quale parla lo psicoanalista James Hillman, capace di trasformarsi in una grande quercia.

La spirale è uno schema sempre uguale che organizza una materia sempre diversa. Come accade alle galassie, dove la configurazione osservabile (a spirale appunto) rivela le parti della galassia più dense, perché ricche di nuove stelle.

La trasformazione è apertura. La forma della spirale è qualcosa a cui diamo forma prendendo materia dal nostro universo: gli altri, le relazioni, la comunità nella quale viviamo a diversi livelli (dal nostro ufficio o dalla nostra famiglia, alla nostra città, fino alla Terra) e la nostra capacità di ascolto e conversazione con tutto questo.

La spirale crescendo diventa sempre più ampia, aumentando sempre di più la distanza dal suo polo centrale, ma la parte di spirale più vicina al centro, tanto piccola da non essere visibile a occhio nudo, è perfettamente sovrapponibile alla sua parte più grande.

La trasformazione è crescita, ma non una crescita esponenziale, fine a se stessa. Trova il proprio limite, la propria giusta “dimensione”, non ha come metro di paragone il successo, ma la realizzazione di Sé, quella che Jung chiamava individuazione.

La spirale quindi somiglia a se stessa: grande o piccola conserva lo stesso aspetto.

La trasformazione è intenzionale, non perde mai di vista il proprio scopo e continua a realizzarlo dal piccolo al grande: il suo successo non sta nella dimensione dei risultati ottenuti, ma in quanto questi rispettino l’intenzione iniziale, il proprio scopo nella vita.

Un viaggio di trasformazione

Non si tratta di un itinerario di cambiamento lineare – una retta che congiunge un punto di partenza e una meta definiti, differenti e distanti tra di loro – ma di un percorso di trasformazione a spirale, dove il viaggio termina in un punto diverso da quello di partenza, ma in qualche modo vicino e simile.

Il movimento della spirale unisce la linearità, che è discontinuità e cambiamento, con la circolarità, che è continuità e tradizione, mette in connessione il futuro che emerge con la nostra storia, lo slancio vitale e la costanza nelle avversità. E’ la traiettoria che segue l’energia,  il percorso che segue l’evoluzione libera  ma armoniosa.  E’ il movimento della creatività, alla base di ogni vera trasformazione. 

 

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